
"White Oleander un film semplice ma pieno di sentimento."
VOTO: 4/5
Regia di Peter Kosminsky. Un film con Alison Lohman, Michelle Pfeiffer, Cole Hauser, Robin Wright, Renée Zellweger. Cast completo Genere Drammatico - USA, 2002, durata 110 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13
SINOSSI:
Storia di un affetto morboso tra madre e figlia. Astrid Magnusson, figlia dell'artista concettuale Ingrid, vede improvvisamente cambiare la sua vita quando la madre viene accusata dell'omicidio di un amante e condannata a 35 anni di carcere.
White Oleander è un film dalla struttura semplice, ma capace di toccare corde profonde grazie a una regia sensibile e a piano sequenza ben dosati che amplificano il pathos drammatico della storia. Questa semplicità narrativa, lontana da artifici e sovrastrutture, riesce a trasmettere con forza il senso di solitudine e abbandono vissuto dalla giovane protagonista, Astrid.
White Oleander (USA, 2002, regia di Peter Kosminsky) è un film drammatico che si distingue per la sua capacità di esplorare con delicatezza e intensità il tema dell’abbandono, attraverso una narrazione intima e visivamente suggestiva. Basato sull’omonimo romanzo di Janet Fitch, il film segue la tormentata vicenda di Astrid Magnusson, interpretata con grande sensibilità da Alison Lohman, una ragazza la cui vita viene sconvolta quando la madre Ingrid (Michelle Pfeiffer), artista concettuale carismatica ma disturbata, viene arrestata e condannata per l’omicidio del suo amante.
La forza del film risiede nella sua capacità di restituire profondamente il senso di solitudine e spaesamento della protagonista. Dopo l’arresto della madre, Astrid è costretta a passare da una casa-famiglia all’altra, in un percorso episodico che riflette la frammentarietà della sua esistenza e della sua identità. Ogni nuovo ambiente, ogni nuova figura adulta con cui entra in contatto – da Robin Wright a Renée Zellweger – rappresenta una tappa nella sua crescita, ma anche un'ulteriore perdita di stabilità, affetto e appartenenza.
Il film riesce a trasmettere questa condizione di abbandono non solo attraverso la trama, ma anche con un uso raffinato della regia e dell’estetica visiva. Kosminsky adotta una narrazione essenziale, senza artifici, che lascia spazio alle emozioni. L’uso del colore è particolarmente significativo: le tonalità si fanno via via più spente, riflettendo il viaggio interiore di Astrid e la sua graduale disillusione. Questa scelta cromatica diventa un elemento narrativo che accompagna lo spettatore nel progressivo smarrimento della protagonista.
Michelle Pfeiffer offre una performance magnetica nel ruolo della madre Ingrid: una figura glaciale, manipolatrice e profondamente narcisista, che incarna un amore tossico e possessivo. Il suo controllo sulla figlia è sottile, psicologico, ma implacabile. L’assenza fisica della madre si trasforma in una presenza ossessiva nella mente e nelle scelte di Astrid, amplificando quel senso di isolamento che permea tutto il film.
White Oleander è, in definitiva, una riflessione profonda sull’identità femminile, sul bisogno di amore e sul prezzo dell’emancipazione. Anche se la struttura episodica della narrazione può apparire a tratti frammentata e penalizzare l’immedesimazione emotiva, la coerenza tematica e l’eleganza della messa in scena riescono a mantenere alta la tensione drammatica. È un film che colpisce per la sua capacità di rendere tangibile il vuoto, il dolore dell’abbandono e la difficile ricerca di sé in un mondo che sembra rifiutare ogni forma di radicamento emotivo.
Un’opera intensa, consigliata a un pubblico maturo (+13), capace di cogliere le sfumature di una storia che parla di fragilità, forza e riscatto.