NATASHA COLANTONIO: L'INTERVISTA

"DAL BUIO DELLA SALA ALLA LUCE DEL SET: ILDEBUTTO DI NATASHA COLANTONIO"

BIOGRAFIA:

Natasha Colantonio è nata il 9 luglio 1992 a Scandiano e vive a Roteglia, in provincia di Reggio Emilia.
Dopo il diploma al Liceo Scientifico Formiggini di Sassuolo e un percorso universitario in Scienze della Cultura a Modena, ha deciso a 27 anni di seguire la sua passione per il cinema iscrivendosi a Studio
Cinema a Verona, dove ha completato due anni di sceneggiatura e due di regia. Durante la sua formazione ha lavorato come segretaria di edizione e aiuto regia in diversi cortometraggi,  tra cui Grand Hotel (vincitore di premi al pubblico e alla giuria in vari festival), Come una foglia e L’Ospite, con attori come Francesco Pannofino e Angelo Maggi. Tutti i corti sono stati distribuiti da Prem1ere Film.
Attualmente lavora come insegnante privata a Castellarano e come assistente cameraman nei weekend presso Studio Cinema, collaborando con professionisti come Francesco Acquaroli e Adriano Giannini.
Manhattan, Italia è il suo primo cortometraggio da regista con una nuova troupe, accolto con grande soddisfazione.


L'INTERVISTA
1. “Manhattan, Italia” è il tuo primo cortometraggio da regista. Cosa ti ha colpito di questo progetto? Quali sono le difficoltà che hai riscontrato o momenti difficili che hai vissuto e quelli che ti hanno maggiormente soddisfatto?
 Partendo dal presupposto importantissimo che lo sceneggiatore del progetto, Massimiliano Aita, è un caro amico, mi sono subito mostrata entusiasta dal fatto che avesse scelto proprio me come regista. La prima volta che ho letto la sceneggiatura mi ha subito suscitato tantissima curiosità: ammetto a malincuore che non sapevo nulla sui Pfas e informarmi a dovere è stato il primo passo per poter realizzare il cortometraggio. I momenti più difficili sono legati alla tempistica, perché dovevamo finire il tutto in soli 3 giorni, e al fatto che fossimo una troupe di persone che non si erano mai viste e che non avevano mai lavorato insieme; tuttavia, ognuno ha svolto il proprio ruolo al meglio e arrivare a terminare tutte le riprese nei tempi previsti è stata la soddisfazione più grande.

2. In che modo il tema dei Pfas ti ha influenzata nel dirigere la narrazione e i personaggi?
 Il tema del cortometraggio ci ha motivati e guidati fin dall'inizio. Ritengo importante che le persone imparino a conoscere il problema dei Pfas, perché ancora molti lo ignorano o non ne hanno mai sentito parlare. Come ho detto, anche io ero una di loro.

3. Qual è stata la scena più difficile da girare e come l’hai affrontata dal punto di vista registico?
 La scena più difficile, ma anche la più soddisfacente, è stata quella dove il protagonista vede per la prima volta la bomba, mentre è all'interno del suo cucinotto. Si tratta di una scena girata dall'alto, quindi il nostro operatore era in piedi sopra i mobili della cucina. L'idea di girare la scena in questo modo è venuta in contemporanea a me e alla direttrice della fotografia, Karolay Millas Roberts: ci siamo dette che sarebbe venuta perfetta se avevamo avuto la stessa idea!

4. Come hai lavorato sulla costruzione emotiva dei personaggi?
Di questo non posso prendermi il merito: gli attori Massimiliano Aita e Rosa Alari Ghigi sono stati eccezionali e hanno saputo fare una costruzione dei loro personaggi davvero ineccepibile.

5. Hai collaborato con un co-regista. Com’è stato dividere la visione creativa e le responsabilità con Alvise Senatore?
Ringrazio Alvise Senatore di aver girato alcune scene mentre io ero assente dal set. Credo che il prodotto finale sia comunque uniforme e compatto. Mi duole ammettere che spesso non eravamo d'accordo su molti punti ed è stata una collaborazione difficile, ma comunque costruttiva; Alvise aveva molta più esperienza di me come regista, quindi capivo come fosse complicato per lui essere "solo" l'aiuto regia della sottoscritta che era invece alla sua prima esperienza.

6. Che cosa ti porti a casa da questa esperienza e cosa ti aspetti dal futuro nel mondo del cinema?
Ogni esperienza sul set è semplicemente meravigliosa, una bolla di spazio-tempo che porto costantemente nel cuore. Quando sono sul set dimentico che si debba mangiare o dormire, girare le scene è più importante! Quindi, mi auguro che il cinema vada sempre avanti, non si esaurisca mai, perché rimane uno dei mezzi più magici per trasmettere emozioni, comunicare esperienze e insegnare temi importanti che esistano. E mi auguro che il cinema venga sempre fatto da persone, perché sono i rapporti umani che rendono il cinema così vivo ed emozionante.

7. Partiamo dall’inizio: com’era la Natasha bambina e com'è nata questa passione per il cinema?
 La Natasha bambina non era molto diversa da quella che sono ora: mio padre è un accanito collezionista di film e ogni sera, pressappoco fin da quando sono nata, mi faceva vedere un film diverso. Nel mio armadio, sotto i miei vestiti, c'erano le VHS di mio padre. Sono cresciuta con questa inesauribile passione e anche ora vado al cinema minimo 3 volte a settimana. Nulla supera l'emozione e la magia della sala buia e dello schermo gigante.

8. La scelta di dedicarti alla regia è stata la tua prima scelta oppure aspiravi ad altri ruoli?
Penso che chi lavori nel cinema non si debba mai precludere la possibilità di fare più ruoli: tuttora non ho la più pallida idea di quale sia il mio ruolo preferito. La realizzazione di un film è la cancatenazione perfetta di diversi ruoli, ognuno con la stessa importanza. Ho fatto la segretaria di
edizione, l'aiuto regia, la regista, l'attrice e ho scoperto recentemente un'incredibile passione per il doppiaggio. Sono pronta a continuare così e a fare tutti i ruoli che mi verranno richiesti.

9. Com’è stato ricominciare da zero con una nuova troupe?
Questa è stata sicuramente una delle cose più destabilizzanti. Nella troupe a cui sono abituata ci sono persone con cui mi intendo senza nemmeno il bisogno di parlare, è come se pensassimo insieme, una sensazione unica che non so nemmeno descrivere nel dettaglio. Lavorare con persone che non
avevo mai visto prima è stato complicato, ma sempre costruttivo e speciale: instaurare nuovi rapporti è una delle parti più belle del cinema.

10. Ti sei mai pentita di questa scelta, hai mai avuto un momento della tua vita in cui hai desiderato mollare tutto?
 Assolutamente no, non sono mai stata più certa di aver fatto una buona scelta nella mia vita.

11. Ti manca mai quella parte di vita “più stabile” o “più sicura” che avresti potuto avere scegliendo un’altra strada?
Sicuramente il mondo del cinema non è facile, ma le emozioni che si provano sul set sono impagabili e una volta vissute non si possono dimenticare. Credo nelle persone che ho conosciuto grazie a questo percorso, credo nella loro amicizia e nel rapporto estremamente vero che si è instaurato tra noi. Anche solo per questo non potrei mai abbandonare tutto.

12. Qual è stato il tuo primissimo lavoro in questo settore?
 Il mio primo lavoro è stato fare la segretaria di edizione nel cortometraggio "Grand Hotel".

13. Lavorare con attori del calibro di Pannofino o Maggi: emozione o panico?
 Stranamente, ho provato solo ed escusivamente grandissima emozione. Siamo stati estremamente fortunati a lavorare con loro e li ringrazierò per sempre per la professionalità, il rispetto reciproco, la bravura, la simpatia, l'umiltà. Davvero un'esperienza meravigliosa sotto ogni punto di vista.

14. Ti sei mai sentita sottovalutata perché donna o perché “giovane”?
 Non particolarmente. Mi ritengo davvero fortunata ad aver conosciuto solo persone con cui si è instaurato fin da subito un bellissimo rispetto reciproco.

15. Manhattan, Italia è stato il tuo primo progetto da regista autonoma: hai avuto paura di non sentirti all'altezza?
Assolutamente sì, mi sto ancora chiedendo perché Massimiliano abbia chiamato proprio me.
Prima di fare qualunque cosa mi sento sempre molto insicura, poi però il set mi travolge e devo solo girare quella scena, poi la prossima e la prossima ancora. Piano piano porto a termine il progetto, spero nel meglio delle mie possibilità, e non c'è insicurezza che tenga.

16. Quando giri un corto, ti affidi più all’istinto o alla tecnica?
 Direi ad entrambi in egual misura. Cerco di avere già chiare in testa le scene da girare, ma spesso le giro in modo diverso da come le avevo pensate per un'idea mia improvvisa o per un confronto con uno o più membri della troupe. Penso che ogni idea abbia il diritto di essere ascoltata.

17. Che tipo di storie ti emozionano davvero, al punto da volerle raccontare?
Non ho particolari preferenze: se una storia è nata, c'è sempre un motivo che ha portato l'autore a realizzarla, quindi merita di essere raccontata.

18. Tra dieci anni dove ti immagini? Ancora corti o sogni un film vero e proprio?
Spero di poter realizzare anche lungometraggi e, perché no, serie tv, pur continuando a fare anche cortometraggi.

19. Hai un regista o un film che ti ha cambiato la vita?
 Stimo profondamente tantissimi registi, da Alfred Hitchcock a Stanley Kubrick, da Quentin Tarantino a Tim Burton, da Wes Anderson a David Cronenberg. Tuttavia, ho le idee molto chiare per quanto riguarda il mio regista preferito, che è decisamente David Lynch, e i miei film preferiti, che sono "La pazza gioia" e "Colazione da Tiffany". Queste scelte molto precise sono legati a eventi particolari della mia vita, belli e brutti. Credo che il cinema riesca ad aiutare nei momenti più difficili e a valorizzare i momenti più belli della vita.

20. C’è un errore che hai fatto e che ti ha insegnato tanto?
Penso che ogni errore insegni qualcosa. Io sicuramente ne ho fatti tanti, legati soprattutto alle mie relazioni amorose; credo che ognuna, nel bene e nel male, mi abbia insegnato tantissimo, mi abbia aiutata a crescere (anche se non troppo, perché bisogna sempre rimanere un po' bambini) e mi abbia
reso la persona che sono ora.

21. Cosa pensi del panorama italiano attuale per chi vuole fare cinema? Che consigli daresti a chi si approccia per la prima volta in questo settore?
L'unico consiglio che mi sento di dare è di crederci sempre e di non arrendersi mai. Il panorama italiano attuale continua ad essere composto da persone stupende che vale la pena conoscere e con cui vale la pena lavorare.

22. Stai lavorando in un altro progetto in questo momento? Puoi parlarcene?
 L'Ospite è stato un progetto molto impegnativo, ma ovviamente non ci fermiamo e abbiamo altro in cantiere: posso dire solo che Angelo Maggi ci ha chiamati per realizzare un altro bel progetto insieme, ma che probabilmente partirà verso Ottobre.

23. C'è un professionista del mondo del cinema che sogni un giorno di lavorarci insieme?
Stefano Accorsi, senza ombra di dubbio; è una di quelle persone che proprio desidererei conoscere.

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