RECENSIONE DEL FILM LA PAROLA AI GIURATI (1957)
VOTO 5/5

CAST:
Titolo originale: Twelve Angry Men, Anno: 1957, Regia: Sidney Lumet Sceneggiatura: Reginald Rose, basata sul suo soggetto TV del 1954
Cast principale: Henry Fonda (Giurato n. 8), Lee J. Cobb (Giurato n. 3), E.G. Marshall (Giurato n. 4), Jack Klugman, Ed Begley, Martin Balsam e altri
Durata: 96 minuti, Produzione: Henry Fonda e Reginald Rose; bianco e nero
SINOSSI:
Dodici giurati si ritrovano in una calda stanzetta per deliberare sul destino di un giovane accusato di avere ucciso il padre. All’inizio, la votazione appare chiara: 11 voti per la condanna, solo un uomo (Fonda, il Giurato n. 8) sostiene “insufficiente prova”, ragionevole dubbio. Da quel momento, comincia una lotta tra logica e pregiudizio, tra empatia e arroganza, tra classe sociale e coscienza individuale. Attraverso un dialogo sempre più serrato, si smontano testimonianze e preconcetti, fino all’epilogo impeccabile.
Il Giurato 8 rappresenta l’ideale di equità: con calma, metodo e rispetto, ribalta il verdetto affrettato, mettendo in luce come chi non è direttamente coinvolto spesso sottovaluti le conseguenze delle proprie decisioni. La storia nasce da un fatto molto reale: troppe decisioni vengono prese a cuor leggero, e spesso gli innocenti pagano con la vita.
Henry Fonda, simbolo di integrità, è straordinario; Lee J. Cobb offre una potente prova di rabbia repressa e dolore personale. Attori di grande statura come E.G. Marshall, Jack Klugman e gli altri interpretano giurati complessi, umani, con sfumature credibili. La caratterizzazione aumenta via via che la discussione prosegue, mostrando l’uomo dietro la giacca del ceto medio o alto.
Lumet utilizza tecniche registiche monumentali: inizialmente l'obiettivo è ampio, si allarga la stanza; poi si stringe, angolature e profondità spaziale richiamano la crescita della tensione. La claustrofobia cresce con i dubbi, la luce si fa cupa, il soffitto sembra chiudersi. Un crescendo visivo che amplifica la drammaticità .
Il film è una denuncia contro l’ingiustizia: il valore del "ragionevole dubbio", la lotta tra razionalità e bias, l’urgenza di mantenersi umani davanti alle differenze sociali ed etniche. La scena del giurato 10 è un’espressione cruda della discriminazione, cui gli altri reagiscono con fermezza: è un momento potente che ricorda come l’arroganza morale non passi inosservata .
Nonostante un avvio limitato al botteghino, il film è diventato un classico del cinema giuridico. Ha ricevuto nomination agli Oscar per miglior film, regia e sceneggiatura, vincendo l’Orso d’Oro a Berlino e numerosi premi (BAFTA, Nastro d’Argento…) . Oggi viene studiato nelle scuole di diritto, consigliato da registi e critici, con un “100 % Tomatometer” e un pubblico che lo considera uno dei più forti dramma americani .
“La parola ai giurati” è una prova di straordinaria forza emotiva, etica, stilistica e registica. Dimostra con chiarezza come le decisioni prese senza consapevolezza e responsabilità possano uccidere innocenti. Al tempo stesso testimonia la potenza del singolo di fronte alla superficialità e all’indifferenza: un uomo solo può cambiare il destino di un altro. Un film da riflettere, insegnare e custodire, perfetto in ogni dettaglio, monumento alla coscienza civica e al valore delle istituzioni condivise. Una visione che arricchisce, commuove e scuote.
Aggiungi commento
Commenti