EMILIANO CANOVA L' INTERVISTA

SEGRETI SUCCESSI E POLEMICHE: LE VERITA' NASCOSTE DIETRO LA SUA CARRIERA NEL CINEMA E LA SUA FAMA SU YOUTUBE


 

BIOGRAFIA– Emiliano Canova (nato nel 1993) è un regista, sceneggiatore e speaker italiano. Dopo essersi formato presso il Teatro Stabile del Veneto, ha esordito alla regia cinematografica a soli vent’anni, dirigendo cortometraggi come Ruggine (2015), Il Filo di Arianna (2016), Seem (2016) e Boldness (2017). Nel settembre del 2017 si trasferisce a Roma, dove amplia il proprio percorso artistico, intraprendendo anche la carriera di produttore. Nel 2021 dirige e produce il Jimmy Broadcast Show, mentre nel 2023 realizza il mediometraggio Avorio Nero, uscito nelle sale il 17 marzo e selezionato per la rassegna La Notte del Cinema all’interno del Social World Film Festival. Co-fondatore della casa di produzione Canova Production insieme a Jessica Beltramello, si dedica alla realizzazione di spettacoli teatrali e opere cinematografiche. Nel 2024 firma la regia del suo primo lungometraggio, Succede in una Notte, presentato in anteprima esclusiva al cinema il 5 aprile 2025 e nella trasmissione di Rai Uno il Cinematografo di Gigi Marzullo.

Il Film ha vinto 6 premi Award, Premio Best Costume Design ai Rome Prisma Independent Film AwardsVincitore al Rome International Film Award 2025: Miglior Film, Miglior Duo Rita Rusciano - Alessandra Persi, Miglior Regista emergente a Emiliano Canova, Miglior Fotografia a Jheison Garcia e Miglior Montaggio a Jessica Beltramello.

In uscita a settembre 2025 con il Tour Nazionale del film Succede in una notte: Milano, Napoli, Bari, Torino, Bologna, Padova, Roma, Ferrara e Rovigo.

 

PROFILI SOCIAL

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INTERVISTA

1. Com'è stato iniziare così presto con cortometraggi come Ruggine e Il Filo di Arianna? Ti sentivi già pronto?
> No, affatto. Non c’era nessun piano, nessuna pretesa di essere pronti. Abbiamo cominciato con una videocamera da casa, senza un set, senza un copione degno di questo nome, solo con tanta voglia di provare. Era tutto molto istintivo. Eppure, ripensandoci oggi, c’era qualcosa di autentico in quella semplicità. Il cinema, in fondo, è nato così: artigianale, caotico, improvvisato. Quel tipo di partenza, per quanto fragile, aveva una purezza che forse poi si perde.

2. Cosa ti ha spinto a trasferirti a Roma nel 2017? È stata una scelta professionale o più personale?
> Entrambe le cose. Da un lato sentivo il bisogno di respirare un’aria diversa, di uscire dalla mia zona di comfort. Dall’altro, Roma rappresentava un salto necessario, quasi obbligato, per chi vuole fare cinema in Italia. Lì ho trovato un ambiente più vasto, caotico ma anche stimolante. E col senno di poi posso dire che è stata una delle decisioni più lucide che abbia preso, nonostante l’incoscienza iniziale.

3. Hai fondato la Canova Production con Jessica Beltramello. È stato difficile trasformare una visione creativa in un’azienda concreta?
> È stato sicuramente impegnativo, ma forse proprio perché eravamo all’inizio non ci siamo resi conto di quanti ostacoli c’erano. Ogni giorno imparavamo qualcosa, e quel processo di scoperta ha reso tutto più leggero. Non ci siamo mai fermati a pensare se fosse “troppo” difficile. Eravamo troppo concentrati sul fare, sul costruire passo dopo passo.

4. Hai mai dovuto accettare compromessi per far partire o distribuire un progetto?
> Sì, qualche compromesso è arrivato, come succede a chiunque lavori in un sistema produttivo. Però sono sempre stati compromessi sostenibili, mai scelte che mi facessero perdere la fiducia nel progetto. L’importante per me è mantenere intatta l’anima del lavoro, anche se attorno bisogna mediare.

5. Se dovessi descrivere il tuo cinema con tre parole, quali useresti?
> “Sorpresa, intensità, verità.” Mi piacerebbe che ogni film lasciasse una traccia imprevista, qualcosa che lo spettatore non si aspetta ma riconosce come autentico. L’intensità è il mio modo di restituire emozione. E la verità, beh, è il mio obiettivo: raccontare qualcosa che, anche se inventato, dica qualcosa di vero.

6. Ti è mai stato chiesto di “ammorbidire” i tuoi temi per renderli più commerciali?
> Sì, è successo. Ed è comprensibile: chi produce vuole anche vendere. Ma in molti casi ci si è resi conto che togliere forza a certi contenuti avrebbe snaturato l’essenza del film. Per ora, sono sempre riuscito a difendere le scelte narrative. In futuro chissà, magari sarà necessario rinegoziare qualcosa — ma mai l’identità.

7. Hai mai rimpianto una scelta narrativa o una scena in particolare?
> No, finora no. Ogni progetto è stato un’esperienza piena, a volte anche faticosa, ma sempre sincera. Ci sono scene che oggi girerei diversamente, ma non perché mi pento: semplicemente perché, crescendo, cambia anche lo sguardo.

8. Dopo la selezione di Avorio Nero a La Notte del Cinema, come vivi questo riconoscimento?
> Lo vivo con gratitudine, ma non con la sensazione di essere “arrivato”. È un inizio, un incoraggiamento, non un traguardo. Finché non saranno gli altri a dire chiaramente che ho lasciato un segno vero, continuerò a considerarmi all’inizio del viaggio.

9. Ti è mai stato detto che il tuo successo dipende più dai contatti che dal talento?
> Non ho una vera risposta a questo tipo di commenti. Primo, perché non credo nel talento come qualcosa di innato: credo nel lavoro. Secondo, perché so bene che il sistema non mi ha mai davvero “aiutato”. Ogni progetto l’ho costruito con pazienza, sbattendo contro limiti pratici, economici, organizzativi. Non c’è stato nessun “ascensore sociale” da prendere al volo.

10. Il successo su YouTube come speaker ha influenzato il tuo lavoro da regista?
> No, sono due mondi completamente separati. Parlare in un video e dirigere un film sono esperienze diversissime, con regole, ritmi e linguaggi propri. Non ho mai usato il mio seguito online come leva nel cinema. E viceversa, chi mi conosce dai miei film spesso ignora il mio lavoro su YouTube.

11. Hai ricevuto critiche dure su YouTube che ti hanno fatto vacillare?
> Certo. Su YouTube il pubblico è diretto, anche brutale a volte. Ma ho imparato a prenderla come una palestra. Se sai filtrare, anche la critica più aspra può dirti qualcosa di utile. La cosa più importante è non perdere il proprio baricentro.

12. Ti sei mai sentito costretto a “compiacere” il pubblico online per restare rilevante?
> Non ancora, per fortuna. Forse perché non ho mai rincorso un tipo di contenuto virale a tutti i costi. Ho sempre preferito una crescita lenta ma coerente con quello che sono. Spero di riuscire a mantenere questa coerenza anche in futuro.

13. In cosa si differenzia il fare cinema dal creare contenuti su YouTube?
> È come praticare due sport diversi. Entrambi implicano narrazione, ma con regole opposte. Il cinema è tempo, attesa, profondità. YouTube è immediatezza, ritmo, impatto rapido. Chi riesce a muoversi in entrambi i contesti ha un vantaggio, ma non è facile. Serve adattabilità.

14. Quanto la tua vita privata entra nei tuoi film? Hai mai raccontato qualcosa di profondamente tuo?
> Sì, spesso. Non in modo diretto, ma attraverso personaggi che agiscono in un modo che io forse non ho avuto il coraggio di sperimentare. Scrivere e dirigere è anche questo: permettersi, attraverso altri, di dire quello che nella realtà si trattiene.

15. Qual è stata la sfida più grande nel girare Succede in una Notte?
> Trovare la squadra giusta. Può sembrare banale, ma il cinema è un lavoro di relazione. Senza fiducia e sintonia, anche il progetto più valido può crollare. Ci ho messo del tempo a costruire un gruppo in cui sentirmi veramente a casa.

16. Hai dovuto rinunciare a qualcosa per portare a termine il film?
> No, non parlerei di rinunce. Per me girare un film è una gioia, anche quando è faticoso. È un impegno totale, certo, ma non qualcosa che mi pesa o che vivo come un sacrificio. Anzi, quando non sto girando, ne sento la mancanza.

17. Hai mai pensato di mollare? Hai vissuto un momento buio?
> Sì, c’è stato un periodo in cui mi sono reso conto che una parte del mestiere non faceva per me. Non era tanto il cinema in sé, ma certe dinamiche produttive, certe aspettative esterne. Ho dovuto accettare che il mio modo di lavorare fosse più “lento”, meno adattabile a certe logiche. È stato un momento difficile, ma utile.

18. Ti sei mai sentito escluso da certi ambienti nel cinema italiano?
> Sì, è capitato. Ci sono circuiti che funzionano con dinamiche molto chiuse. Ma forse, paradossalmente, essere esclusi mi ha aiutato a fortificarmi. Ti costringe a costruirti il tuo spazio, a non aspettare che qualcuno ti apra la porta. Ti obbliga a pensare in modo più autonomo, a fare le cose con ancora più convinzione. E quando poi vieni notato, è perché sei arrivato con le tue forze.

19. Tra i giovani registi italiani, c'è qualcuno che percepisci come un “rivale”? Come ti relazioni con la competizione?
> Non vedo i colleghi come rivali. Sinceramente, penso che ogni autore abbia un percorso a sé. Ognuno racconta con la propria voce, i propri tempi, il proprio pubblico. Concentrarsi su chi “emerge di più” è una trappola: ti distrae dalla cosa più importante, che è la crescita personale. Mi confronto più con me stesso di ieri, che con qualcun altro di oggi.

20. Hai mai perso un progetto per motivi che ti sono sembrati scorretti?
> Più che perso, direi che ci sono stati progetti che non sono andati avanti per logiche che poco avevano a che fare con il merito o la qualità. Ma credo anche che certe cose si rivelino col tempo. Un progetto lasciato indietro può diventare più forte, più maturo, più consapevole. Nessuna idea si perde davvero, se ci credi abbastanza da riprenderla in mano.